Questo libro è iniziato alla fine dello scorso anno. Sonnecchiando su una poltrona del salotto, mi sono chiesto cosa potesse esserci dall’altra parte dello specchio.
Di sicuro – lo testimonia l’acquerello in copertina di Giovanni Robustelli – non c’era il mio volto. C’erano piuttosto enigmi da risolvere, storie nuove da narrare.
Troppo a lungo siamo rimasti con il naso incollato sullo schermo; è tempo di ricominciare quello che mia moglie Alida è solita chiamare “giocoarte”. “Se almeno ti pagassero”, mi ripete di frequente. Ma certo che mi pagano, anzi mi appagano.
Sto parlando ovviamente dei lavori degli artisti che, non più chiusi in prigione, hanno ripreso a inventarsi l’impossibile, dai quadri a pavimento ai letti che si muovono con un ventilatore dentro. In loro compagnia, delle opere, ma pure di chi le concepisce, con cui intreccio se posso un dialogo costante, è davvero impossibile annoiarsi.
Peccato solo che alcuni, come il mio amico Momò Calascibetta, siano stati costretti a lasciare. Non prima, s’intende, di aver apparecchiato, nella sua ultima mostra, un grandioso Festino, senza tavolo e senza vino.
A lui, ora che il gioco è finito, e gli amici se ne vanno, va la corona regale e la dedica del libro. Al termine del quale, come Alice, mi risveglio dal mio sogno.
Aurea Phoenix Edizioni